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Uomo vivo

L’uomo “comune” Innocent Smith è costretto, in questo mondo di pazzi, a compiere gesti stravaganti per testimoniare e affermare la verità della vita “normale”, quella che afferma comunque il positivo, che apprezza la vita e le cose, che ama per sempre una sola donna e si sposa una sola volta. Una cosa da “pazzi”, appunto, in questo mondo che, invece, considera “pazza” l’innocenza del sig. Smith. Quella innocenza che Gesù ha indicato come la condizione per entrare nel Regno di Dio, cioè per essere felici.

Il grande Chesterton, GKC per tutti, passa in rassegna tutte le falsità che avvelenano la cultura e, quindi, la vita personale e sociale di oggi: il razionalismo distruttore, lo scientismo, il perbenismo e tutti quegli “ismi” che negano la realtà ed espellono Dio e Gesù dalla vita. In sostanza, l’uomo vivo e “innocente” è lo stesso Chesterton, che ha dedicato la sua esistenza a “ricordare agli uomini che non sono ancora morti”. Un inno alla vita, perché essa ha un senso: basta viverla fino in fondo.

Peppino Zola, fan di Chesterton

“Smettete di comprare e vendere; e cominciate a guardare” è il consiglio di GKC in Manalive, il romanzo di un folle che intuisce che il modo migliore per vedere bene una cosa è allontanarsene e guardarla dal di fuori. Esce QUINDI dalla porta di casa e cammina dritto, facendo il giro del mondo, per potersela ritrovare davanti più vera. Fissare lo sguardo sulle cose apre abissi di stupore, come successe a san Francesco, altro uomo vivo di GKC, il quale “loda realmente la creazione nel senso dell’atto creativo. Egli loda il passaggio dal non essere all’essere […]. Egli non solo apprezza ogni cosa, ma anche il nulla dal quale ogni cosa fu tratta”. C’è un paradosso negli uomini vivi di Chesterton, il rovesciamento del rapporto fede/certezza e ateismo/dubbio: “Ho abbandonato il mio paese e disonorato il mio nome, perché inseguo per il mondo qualcosa che mi appartiene. [...] Io sono volubile come la tempesta, perché credo”. “Mia nonna - dice a Innocenzo Smith un meticcio incontrato in America - avrebbe detto che tutti siamo in esilio, e che nessuna cosa terrena potrà mai guarirci dalla santa nostalgia che ci tormenta”. “Credo - gli rispose - che vostra nonna avesse ragione. Credo debba essere codesto il segreto, il mistero della nostra vita così piena d’incanto e d’insoddisfazione”.

Buona irrequietezza a tutti.

Ubaldo Casotto, giornalista, profondo conoscitore di GKC

Avete presente Gilbert Keith Chesterton, il giornalista inglese che tanti amano? Se pensate di aver trovato un buon amico (e per me lo è) e volete vivere come lui, ebbene   sfogliate Uomovivo e troverete la sua stessa regola di vita, il suo pensiero all’atto pratico (i pensieri, quelli buoni, fatti debbono diventare!).

Avete capito bene: dovrete mettervi a girare il mondo in giacca del pigiama, rastrello ed erba di casa vostra appesa al medesimo, a saltare dalla cappa del camino in casa d’altri per scoprire che in realtà non è proprio casa d’altri, a puntare pistole in testa ai rettore delle vostre università (su questo potremmo sorvolare, dai…), a fare la corte a vostra moglie come se non lo fosse, a fare squinternati pic nic sul tetto di casa, a bussare alla porta di casa vostra chiedendo ai preoccupati astanti se è lì che abitate perché vorreste cogliervi in flagrante felicità… Questi sono solo spunti: se volete sapere di più di questo mio caro e buon amico scoprirete che i pic nic si possono e debbono fare anche sul pavimento di casa perché la casa è l’unico luogo di libertà, che gli ottimisti razionali sono peggio dei pessimisti, e che ogni tanto vale la pena telegrafare alla propria moglie la domanda “dove dovrei essere?” per sentirsi rispondere “A casa”.

Non è difficile ed è l’unica àncora di salvezza, perché significherà esercitare per sempre il senso dello stupore e salvare la propria anima dal nulla.

Marco Sermarini, avvocato, presidente dell’associazione chestertoniana italiana

Ho sempre considerato Uomovivo come un chiarissimo esempio di quello che il mio professore di religione, il venerabile don Luigi  Giussani, mi ha insegnato sui banchi del liceo: che per un giudizio corretto occorre tener conto di tutti i fattori in gioco.

 Nel romanzo infatti Smith viene accusato quattro crimini.

Il primo crimine è di tentato omicidio nei confronti del suo professore di filosofia, fino a quando non si scopre il fattore mancante: che invece quel gesto ha salvato il professore e lo stesso Smith.

Il secondo crimine è di essersi introdotto di soppiatto in una casa a scopo di furto, fino a quando non si scopre il fattore mancante: che quella casa era la sua casa.

Il terzo crimine è di aver abbandonato la famiglia, fino a quando non si scopre il fattore mancante: che l’aveva abbandonata per poterla ritrovare.

Il quarto crimine è di poligamia, fino a quando non si scopre il fattore mancante: che tutte le donne rapite in effetti erano una unica donna, sua moglie.

Solo tenendo conto di tutti i fattori in gioco le quattro situazioni ritrovano la loro verità.

Luigi Tardini, ingegnere, appassionato lettore di GKC

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